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HANDS I Left

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Updated: Jan 10

Intervista di Roberto Biasco a Stefania Graziani e Tony Carnevale sulla rivista Left


Il nuovo album di Tony Carnevale e Stefania Graziani, nato da una esperienza di formazione e collaborazione artistica nell'associazione Anora, uscirà il 6 dicembre e sarà presentato il 13 dicembre al teatro Il Cantiere di Roma

Tony Carnevale è un musicista, ricercatore e formatore che ha scritto e prodotto musiche originali per la discografia, la televisione, il cinema, il teatro e la danza. Autore di nove lavori discografici personali ha collaborato con esponenti storici del Progressive italiano – come Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese del Banco del Mutuo soccorso. Dal 1986 svolge una ricerca che lo ha portato a scrivere diversi saggi nei quali affronta la musica come linguaggio espressivo-rappresentativo, fino ad elaborare il metodo “Anora, (acronimo di “approccio non razionale al movimento creativo”) con il quale conduce dal 2000 dei particolari laboratori creativi di formazione musicale. Stefania Graziani, diplomata in pianoforte e musica da camera, si è successivamente formata dal punto di vista compositivo nei medesimi laboratori musicali Anora all’interno dei quali ha realizzato nel 2021 il suo primo album come compositrice, La musica cambia.  La loro collaborazione nasce quindi da un lungo sodalizio artistico cresciuto e maturato all’interno dell’associazione.

”Hands” (Soundtrack Records) è il loro nuovissimo album realizzato ”a quattro mani” in uscita il 6 dicembre. Non è semplicemente un disco per due pianoforti o per pianoforte e tastiere, ma si caratterizza immediatamente per una complessità di approccio, nel quale certe atmosfere cameristiche evolvono in un dialogo tra tastiere ed orchestra, fino a raggiungere in alcuni brani un ampio espiro sinfonico.

Come nasce l’idea di questo disco?

Tony Carnevale: Parte tutto dall’evoluzione del lavoro nei laboratori musicali che si svolgono all’interno della nostra associazione,  e dopo oltre vent’anni di attività abbiamo deciso di iniziare questa nuova sperimentazione in una situazione relazionale diversa, facendo un salto di qualità, passando da un rapporto di formazione specifica ad una relazione di collaborazione artistica, cominciando a lavorare insieme su questo lavoro  che è l’opera prima all’interno del nostro  “Anora Project”.

Stefania Graziani: Parto dalla mia esperienza personale, e da questo lungo percorso artistico realizzato insieme a Tony all’interno dei laboratori, che mi ha portato ad evolvermi dal ruolo specifico di pianista ed  esecutrice a quello più ampio di compositrice ed interprete,  approdando tre anni fa alla realizzazione del mio album La musica cambia. Si tratta di una tappa fondamentale che mi ha dato la possibilità di cominciare ad esprimermi attraverso la musica in maniera creativa, superando tutti quei blocchi e quegli steccati nei quali mi sentivo imprigionata, a partire dalla rigida impostazione da pianista classica dalla quale provengo. C’è stata quindi un’evoluzione che mi ha permesso di sviluppare nuove capacità e nuove possibilità con il passaggio dal ruolo di allieva a quello di collaboratrice, in un rapporto con Tony tra “Uniti e distinti” come recita il titolo di uno dei brani del disco.

Come si è sviluppato il processo compositivo “a quattro mani”?

Stefania: Vorrei partire proprio dai due brani che aprono e chiudono il disco. Il titolo stesso del brano iniziale “Nelle tue mani” vuole esprimere un profondo sentimento di fiducia che ciascuno pone nelle mani nell’altro. Tutto parte da qui: mettersi nelle mani dell’altro, affidarsi e fidarsi, il senso di un rapporto interumano che non rischia di deludere. “Passo a due” è invece l’emozionante epilogo, scritto appositamente da Tony, rappresenta la storia del rapporto di amicizia e collaborazione artistica che c’è stata tra noi due.

Tony: Questo è il primo brano che ho scritto per due pianoforti; è un omaggio a Stefania che in qualche modo ha la pretesa di riassumere poeticamente la genesi di questo lavoro. Dal punto di vista musicale dopo una prima fase caratterizzata dalle note gravi della tastiera nelle quali è l’elemento maschile a stimolare il processo creativo, in una seconda fase è l’elemento femminile a prendere l’iniziativa, lui la segue sostenendola, per poi allontanarsi progressivamente fino quasi a scomparire, finché un breve intervento dell’orchestra sinfonica va a chiudere in brano.

Dal punto di vista della realizzazione del disco c’è stata invece una divisione dei compiti?

No, anche nell’esecuzione dei brani e nel lavoro in studio abbiamo sempre operato “a quattro mani” – ribadiscono i due artisti – sia nella parte pianistica che in quella orchestrale che è stata realizzata interamente in studio tramite campionamenti elettronici. Ci tengo però a precisare – sottolinea Tony –  che tutto il lavoro è stato fatto suonando gli strumenti campionati uno ad uno sulla tastiera, quasi a voler sottolineare l’approccio “artigianale” alla musica, che vuole e deve rimanere appunto un lavoro “fatto a mano”, il più realistico possibile, laddove il suono di ogni singolo strumento rimane perfettamente riconoscibile. In questo senso – prosegue Stefania – Hands porta con sé altre chiavi di  lettura: mani, come le mani che usiamo per “fare” e per suonare, mani che seguono il movimento del pensiero per realizzare concretamente forme artistiche, mani che esprimono quindi una fusione tra mente e corpo. Ma il titolo vuole essere anche un riconoscimento e un omaggio alle mani delle persone che con il loro lavoro mandano avanti la nostra associazione e anche a quelle del pubblico che ci sostiene.

Il disco ha un approccio in alcuni momenti quasi “cameristico”, mentre in altri si apre ad una forma compositiva orchestrale più ampia.

Tony: Io come compositore tendo a ripartire dalle mie radici musicali che si ricollegano ad un certo polistrumentismo, tipico ad esempio della musica “progressiva” degli anni Settanta, che in qualche modo abbiamo rievocato anche nel brano “Incontri possibili”, nel quale il suono di un clavicembalo “ben temperato” si incontra con un flauto dal ruvido soffio “sporcato”, quasi un nuovo incontro tra Bach e Jan Anderson, mezzo secolo dopo il celebre “Bourée” dei Jethro Thull. Tutto questo per sottolineare il tentativo che porto avanti da sempre di voler superare gli steccati tra i vari generi musicali proponendo musica di libera espressione artistica, svincolata dai condizionamenti del mercato, ma allo stesso tempo fruibile e comunicativa, anche se difficilmente riconducibile a un genere preciso. Per continuare a leggere l'intervista clicca qui

 
 
 

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